Export: a chi piace il made in Italy?
L’ultimo rapporto sul commercio estero realizzato dall’Ice conferma la forte vocazione all’export dell’Italia.
Il rapporto copre un arco temporale di cinque anni (dal 2010 al 2015) e fotografa un Italia in fase di “risveglio”.
Il Bel Paese sta uscendo da una lunga fase recessiva e mostra segnali di ripresa nell’occupazione, negli investimenti, nelle importazioni e nei consumi.
Sul versante delle esportazioni, osserviamo un sano apprezzamento dei paesi esteri per i prodotti e servizi dedicati alla casa ed alla persona, insieme ai macchinari industriali, apprezzati soprattutto dai paesi emergenti.
In particolare il 2015 si è rivelato un anno molto favorevole, per i processi di internazionalizzazione e per le esportazioni che sono cresciute del 4,3% e hanno superato i 413 miliardi.
Se invece osserviamo il quinquennio 2010-2015, concentrano lo sguardo sui principali mercati di sbocco delle esportazioni, possiamo dividerli in tre gruppi. Vediamoli:
- Stati Uniti, Giappone e altri paesi asiatici dove l’Italia ha guadagnato posizioni rispetto ad altri competitor;
- Germania e Russia dove le quote italiane sono aumentate nei confronti dell’area Euro, anche se sono diminuite rispetto alle esportazioni mondiali;
- Cina, Francia e Regno Unito sono considerati i mercati più critici, perché le esportazioni hanno registrato un decremento.
Dati di indubbio valore quelli fornite dall’Ice, per riflettere sulle migliori scelte strategiche di internazionalizzazione da mettere in campo nel prossimo quinquennio.
Ma un fatto che ci sembra veramente importante è il forte apprezzamento dei paesi stranieri per i nostri prodotti tecnologici.
Questa consapevolezza dovrebbe motivare lo Stato e le imprese, a promuovere in tutto il mondo e con più convinzione le eccellenze italiane in ambito tecnologico. Perché il made in Italy non è soltanto cibo e moda.
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